traduttore traditore

Una volta, tanto tempo fa, lo si diceva ed è in parte un aspetto che fa parte della “fisiologia” legata al passaggio da una lingua all’altra: la traduzione – essendo i campi semantici delle lingue non perfettamente coincidenti (penso espressamente al Louis Hjelmslev de I fondamenti della teoria del linguaggio, breve ma intenso saggio pubblicato a suo tempo in Italia da Einaudi) – è inevitabilmente il tradimento di una sfumatura, di una accezione.

Il buon traduttore quindi lo si vede anche in relazione a quanto riesce a rendere nella lingua di destinazione il pensiero che arriva dalla lingua d’origine. Questi “problemi tecnici” non hanno ovviamente impedito di avere nel mondo ottimi traduttori e di poter fruire (e godere) di bellissime traduzioni anche di grandi classici (non è un caso forse che uno scrittore come Beppe Fenoglio, le cui pagine “uscivano facili dopo una decina di penosi rifacimenti” e che quindi non faceva mistero di quanta fatica costasse la sua scrittura, si cimentasse a sua volta come traduttore anche di grandi classici…).

Il problema, come sempre , è la modernità e i “tempi stretti” della modernità. Leggo, in questo “tempo sospeso” che sono le vacanze natalizie, un “romanzone” senza velleità letterarie, ma che, non per questo, non deve avere una buona traduzione. Romanzone apocalittico e verosimile legato al nostro fragilissimo mondo moderno, nel quale tutto dipende dall’elettricità. Il titolo, non a caso, è Blackout, ed è scritto da un austriaco poco più grande di me d’età, Marc Elsberg.

L’edizione italiana è di una casa editrice specializzata in fantascienza e fantasy (o almeno: io la conoscevo più che altro per questi due generi), “Nord”, e la traduzione è a cura di Roberta Zuppet. Il libro, a parte qualche fraseggio migliorabile, scorre via liscio, anche se su alcune espressioni non si può fare a meno di interrogarsi. Una di queste è “incidente (nucleare) credibile”. Non mi intendo di incidenti nucleari (quindi confesso la mia ignoranza), ma francamente non capisco il senso dell’aggettivo “credibile” dietro la parola incidente: ne esistono di “incredibili” o di “poco credibili”? E questo avviene in più di un’occasione. Ma il fatto che la povera Roberta Zuppet (magari costretta a tradurre per due euro, e forse pure in tempi strettissimi – e quindi non ce l’ho con lei) non abbia dimestichezza con linguaggi altri rispetto all’italiano standard, lo dimostra in relazione al fatto che, parlando di informatica, la traduzione di quello che suppongo fortemente essere il termine “library” nel testo originale (che non posso verificare) diventi “biblioteca”. Ora chi ha un minimo di dimestichezza con questa disciplina avrà sentito parlare del fatto che in programmazione si usino pezzi di codice “che fanno cose” già belli e pronti, per non dover ogni volta scoprire l’acqua calda. In informatica questi pezzi di codice si chiamano “library”, la cui traduzione italiana è letteralmente “libreria” e non certo biblioteca (si pensi ai famigerati file “.dll”, dove questo suffisso sta esattamente per “dynamic link library”…).

Ma così va il mondo e così ci teniamo la straniante espressione “biblioteca” al posto di “libreria”…

Buon Natale! 🙂

Marc Elsberg - Blackout
Marc Elsberg – Blackout